domenica 26 novembre 2017

Wiligelmo - STORIE DELLA GENESI



Facciata del duomo di Modena


La scultura romanica

Nelle chiese romaniche i capitelli delle colonne e il portale d’accesso sono spesso riccamente decorati con sculture raffiguranti scene religiose o animali simbolici.
Le sculture preparavano il fedele a quanto avrebbe ascoltato in chiesa: per questo le figure dovevano essere semplici e facilmente comprensibili ad un pubblico in gran parte analfabeta.
Sulla facciata del duomo di Modena, ad esempio, spiccano le sculture di Wiligelmo, che narrano le storie della Genesi, il primo libro della Bibbia.
Wiligelmo, particolare del secondo pannello: Dio rimprovera Adamo ed Eva
Le “Storie della Genesi” di Wiligelmo sono quattro pannelli contenenti dei bassorilievi, situati sulla facciata del Duomo di Modena. 
schema del pannello 1

Essi raffigurano delle scene in sequenza: il primo pannello raffigura la creazione dell'uomo, della donna e il peccato originale. Inoltre, all'inizio del primo pannello è presente una specie di "introduzione" alla storia: Dio, all'interno della "mandorla" (un simbolo di forma ogivale) e sostenuto da due angeli, tiene in mano il libro della Genesi, per indicare che il suo contenuto è sacro.

Il secondo raffigura la cacciata dal Paradiso Terrestre: Dio rimprovera Adamo ed Eva, che esprimono la loro vergogna e disperazione portandosi la mano al volto. Adamo ed Eva vengono cacciati da un angelo con la spada sguainata. 
L’ultima scena mostra i Progenitori costretti al faticoso lavoro nei campi.
schema del pannello 2

Nel terzo bassorilievo sono rappresentati il sacrificio di Caino e Abele, l’uccisione di Abele e il rimprovero divino. Caino offre i doni all'ara del Signore, che guarda solo Abele. Caino uccide Abele con una tremenda bastonata. Caino viene rimproverato da Dio che solleva su di lui la mano nel gesto di condanna e maledizione.
schema del pannello 3

Nel quarto ed ultimo pannello sono rappresentati:  l’uccisione di Caino, l'arca del diluvio con Noè e la moglie affacciati, uscita di Noè e dei figli dall'arca. La vicenda del cieco Lamech che uccide Caino con una freccia alla gola, scambiandolo per un animale non è narrata nella Bibbia, ma appartiene alle storie della tradizione ebraica.

schema del pannello 4
Stile
I personaggi sono rappresentati con uno stile a prima vista rozzo ed infantile: le proporzioni ad esempio non sono rispettate, mancano i dettagli, i visi si assomigliano tutti.
In realtà questo rende le figure più espressive: la testa e le mani sono grandi rispetto al resto del corpo perché attraverso la gestualità e le espressioni del viso si possa cogliere immediatamente il significato della scena.

venerdì 24 novembre 2017

Mappe mentali: Arte Romanica

Mi scuso per il ritardo con il quale pubblico questo post, lo attendevano da molto tempo i miei alunni delle classi seconde! 
Ecco qui per voi, ragazzi, le mappe mentali sull'arte romanica, ma mi raccomando, quando creerete le vostre, PERSONALIZZATELE! Ricordatevi che per essere efficace, una mappa mentale deve riflettere il vostro pensiero, non quello dell'insegnante!




martedì 10 ottobre 2017

Van Gogh, La notte stellata, analisi dell'opera



ANALISI DELL’OPERA

Autore: Vincent Van Gogh

Titolo: La notte stellata

Anno: 1889

Tecnica: olio su tela

Dimensioni: 73 x 92 cm

Collocazione: New York, Museum of Modern Art

Soggetto: paesaggio notturno


Notizie sull'autore:

Vincent Van Gogh (1853-1890) pittore olandese, ebbe un’esistenza infelice e solitaria. Sensibile e istintivo di carattere, si sentì incompreso da tutti. Egli espresse il suo tormento interiore tramite la pittura: le sue pennellate, frantumate, grosse e violente, rivelano il suo stato d’animo.
Nel 1886, Van Gogh si recò a Parigi, presso il fratello Théo, impiegato presso una galleria d’arte, ed ebbe modo di studiare la pittura impressionista. Ma, a differenza degli Impressionisti, egli non dipingeva la realtà come la vedeva, ma come la sentiva. Nei suoi paesaggi le forme sono deformate da ossessive linee curve e i colori sono volutamente esagerati.
Usava dei colori ad olio in tubetto, impiegandone grandi quantità, a volte spremendo direttamente il tubetto sulla tela, altre volte utilizzando la spatola o addirittura le dita della mano, fino a creare inquietanti movimenti sulla superficie del quadro. Il suo modo di dipingere non fu capito e i suoi quadri furono rifiutati, provocando in lui tremende depressioni nervose.
Mise fine alla sua vita sregolata e poverissima nel luglio del 1890, a 37 anni, suicidandosi in un campo di grano. La sua pittura fu di fondamentale importanza per le avanguardie del Novecento.


COSA raffigura l’immagine? Elenca e descrivi tutti gli elementi che la costituiscono.

Il dipinto rappresenta un paesaggio notturno. In primo piano, sulla sinistra, campeggia la figura di un grande cipresso dalla chioma frastagliata, simile a una fiamma. La luna e le stelle sono circondate da aloni luminosi e la Via Lattea sembra un nastro fluorescente che si snoda nel cielo. In basso, il pittore ha dipinto un villaggio; tra le case si distingue un campanile dal tetto appuntito. Dietro il villaggio si staglia il profilo di alcune colline ondulate, sovrastate da nubi luminose.

COME è stato raffigurato il soggetto? Come sono stati stesi i colori? Quale tipo di composizione ha usato l’autore?

Nell’opera lo spazio maggiore è dedicato al cielo, che è anche la parte più luminosa del quadro; il colore predominante è il blu, ravvivato dal giallo della luna e delle stelle, e dalle pennellate di bianco che creano sfumature molto chiare.

I colori sono stati stesi con pennellate brevi e nervose che formano dei movimenti circolari e a spirale. I contorni degli oggetti sono evidenziati da linee più marcate. Le figure sono deformate (il cipresso, il campanile, la Via Lattea).






La composizione è obliqua, ed è costruita su due elementi principali che si equilibrano a vicenda: il cipresso e la luna. Il cipresso crea una zona scura molto grande sulla sinistra del quadro, ed è contrapposto alla zona occupata dalla luna, in alto a destra, molto chiara e brillante. L’andamento obliquo è rinforzato dalla linea delle colline, inclinata nello stesso verso.
Il quadro, nel suo insieme, dà un’impressione di movimento e di instabilità.


PERCHÉ l’immagine è stata realizzata in quel modo? Spiega cosa ha voluto esprimere l’autore e qual è la funzione dell’opera.

Attraverso i suoi quadri, Van Gogh esprimeva il proprio tormento interiore. Egli non descriveva la realtà in modo oggettivo, ma la interpretava secondo la propria personale visione del mondo. L’opera ha quindi una funzione ESPRESSIVA.
...

domenica 24 settembre 2017

And now... in English! Vincent Van Gogh

Vincent Van Gogh’s biography

Vincent Van Gogh was born in Holland in 1853. His childhood was happy but he was a solitary and moody boy.
Moody = lunatico
In 1869, at the age of 16, he started working as a clerk for an art-dealer company. Through his job he came into contact with the world of art.
Clerk = impiegato
art-dealer company = ditta di commercianti d’arte
Four years later, in 1873, he moved to London, where he worked for the same company until 1875, when he moved to Paris branch of the firm.
branch of the firm = filiale della ditta
Unfortunately, in 1876, he started suffering from depression and he was dismissed. After that, he became a missionary among poor coal miners in Belgium and started making drawings of peasant life until he finally decided to devote himself to painting.
Among = tra
He was dismissed = fu licenziato
coal miners = minatori di carbone
In 1880 he went to Brussels to study, supported by his brother, Theo. 
Theo also helped Vincent when he arrived in Paris in 1886. Here Van Gogh was influenced by the Impressionists and the design of Japanese prints.
Later on, he developed his own post-Impressionist style and started to use brighter colours to express his feelings. In 1888 he moved to Arles, in the south of France. 
Gauguin joined him in Arles, but they got on badly. When Gauguin left, Van Gogh cut his ear. 
After that, his mental health got worse and worse and he killed himself in 1890.
Later on = più tardi
they got on badly = non andarono d’accordo (to get on = andare d’accordo con qualcuno; badly = male, malamente)
worse and worse = sempre peggio



The starry night, 1889
Analysis of a painting: “The starry night”

This painting is one of Van Gogh’s last works, painted about a year before his suicide. Van Gogh used two “tools” to depict his personal vision of reality: the colours, which are not the real colours of the scene, and heavy strokes of a brush loaded with paint. 
In the left foreground, Van Gogh depicts a group of cypress trees shaped like tongues of flame: they seem to waver as though they were moved by an inner force.
On the right, he paints the houses of a village and a church with a tall triangular steeple, a common style in Van Gogh’s native country, Holland.
The trees and hills in the background are dark because they are far away.
The sky is what captures our attention. The stars and the moon are the most important elements in this painting: they are so different in colours from the background as to seem to light up the night. The brushstrokes make the painting very dynamic: we seem to feel wind that cartwheels across the sky and moves the trees.

Tools = strumenti
To depict = rappresentare
Foreground = primo piano
to waver = vacillare, ondeggiare
as though = come se
steeple = campanile
to cartwheel = fare la ruota, ruotare

QUESTIONS

1. Where was Van Gogh born?
2. What was his first job?
3. Who helped him when he was in Paris?
4. Where did he move in 1888?
5. What happened when Gaugin left him?
6. How did he die?
7. How old was he when he died?
8. When did Van Gogh paint 'the starry night'? 
9. What tools did he use to depict his vision of reality?
10. Which are the most important elements of the painting?

giovedì 27 luglio 2017

Manuale del cacciatore di bufale (3) - perché la gente crede alle bufale?

Ci ho messo più del previsto, chiedo venia... questa parte è forse la più attesa e la più importante.
Da quando ho iniziato a proporre il progetto antibufale a scuola, sempre più spesso i ragazzi mi chiedono: "Professoressa, ma perché la gente crede alle bufale?"
Tutti quanti ci siamo cascati, qualche volta, a me, nonostante tutto, succede ancora! La cosa grave non è tanto il cascarci, siamo umani ed è normale commettere degli errori.
Ciò che invece è grave è vedere gente che, messa di fronte all'evidenza, non arretra di un passo, non ammette di aver creduto e condiviso una stupidaggine, anzi, insiste ad oltranza.

Tutti coloro che si occupano a vario titolo dell'argomento si sono posti questa domanda fondamentale, anzi, si è arrivati al punto di interrogarsi sulla effettiva efficacia del FACT-CHECKING e dell'attività di debunking, come in questo bell'articolo su Butac che vi invito a leggere.

Detto questo, la terza parte del Manuale non ha la pretesa di dare delle risposte certe a queste domande; ho semplicemente riscritto, con un linguaggio più adatto ai miei alunni, alcune parti della "guida al buon discorso" di Gabriel Deckard, pubblicata su Bufale un tanto al chilo.
Credo, in ogni caso, che fosse doveroso, anzi fondamentale, dare ai ragazzi alcune chiavi di lettura del fenomeno.
Delle chiavi che non si trovano in Internet, ma all'interno di quel luogo da cui tutto ha inizio: la nostra testa.

Se ve le siete perse, qui trovate la prima e la seconda parte.

Parte Terza: 
GLI ERRORI DI LOGICA 
(perché la gente crede alle bufale?)

Nelle prime due parti di questo manuale, hai imparato ad individuare le bufale e a distinguerne le varie tipologie.
Giunti a questo punto è lecito farsi una domanda: perché la gente crede alle bufale così facilmente?
Trovare la risposta non è facile: occorrerebbe studiare materie complesse come la psicologia e la sociologia. Forse, tra qualche anno, a te o a qualcuno tra i tuoi compagni di scuola verrà voglia di seguire questo campo di studi, ma per il momento possiamo cominciare a capire di più prendendo in esame alcuni ERRORI DI LOGICA: si tratta di comuni errori di ragionamento nei quali facilmente si cade e che prima o poi capita di fare a tutti.
Conoscendone le caratteristiche, si possono comprendere ed evitare.

1) L’EFFETTO DOMINO (fallacia della brutta china)


“Se lasciamo entrare gli immigrati, aumenteranno le malattie infettive.”“Se permettiamo ai gay di sposarsi, sarà la fine della famiglia tradizionale.”“Se segui una dieta vegetariana, non ti ammalerai di cancro.”

Questi sono solo alcuni esempi di un tipo di errore di ragionamento che si chiama “fallacia della brutta china*” o “fallacia del piano inclinato”.
[*una brutta china è una discesa molto ripida e scivolosa, dalla quale, una volta che vi si è caduti, è difficile risalire.]

In questo tipo di ragionamento, si parte da una tesi e si immagina che da essa derivino una seri di conseguenze (positive o negative) alla pari dell’effetto domino.
Il ragionamento sembra corretto perché segue questo schema logico:

se A → allora B
se B → allora C
se C → allora D

quindi, eliminando i passaggi, possiamo affermare che:

se A → allora D

per esempio:
1- Se segui una dieta vegetariana, allora segui una dieta sana.
2- Se segui una dieta sana, allora hai un fisico sano e forte.
3- Se hai un fisico sano e forte, allora non ti ammalerai di cancro.
In conclusione:
4- Se segui una dieta vegetariana, allora non ti ammalerai di cancro.

In realtà, questo ragionamento è sbagliato, perché tutte le conseguenze derivate dalla tesi, sono puramente ipotetiche. Non abbiamo nessuna certezza che le prime 3 frasi siano vere, quindi non possiamo essere sicuri che la quarta lo sia.
Infatti: 
1- Non tutte le diete vegetariane sono sane: per esserlo, devono essere equilibrate e controllate, altrimenti potrebbero essere carenti di alcuni nutrienti importanti.
2- Non è detto che chiunque segua una dieta sana abbia anche un fisico sano: molte persone, anzi, sono costrette a seguire diete particolarmente rigorose proprio perché sono malate.
3- Le diverse malattie che comunemente sono riunite sotto il nome di “cancro” sono causate da mutazioni genetiche che possono essere indotte o facilitate da stili di vita errati… ma non sempre. A volte purtroppo capita che si ammalino anche persone che hanno sempre seguito uno stile di vita sano.
4- La frase conclusiva è frutto di un ragionamento fallace.
Ora però attenzione a non cadere nella china opposta, pensando che seguire diete sane sia fatica sprecata!

Chi adopera questo ragionamento, in realtà sta evitando l’argomento perché introduce una questione solo apparentemente correlata.
Tale questione è presentata come una SICURA conseguenza della tesi di partenza ma, in effetti, essa è solo un’ipotesi: come tale può accadere o non accadere. Questo modo di ragionare fa leva sull’ignoranza, sulla pigrizia mentale o su sentimenti negativi che proviamo nei confronti di un determinato argomento.
Ad esempio, nella frase:
“Se lasciamo entrare gli immigrati nel nostro Paese, aumenteranno le malattie infettive.”
la conseguenza non è affatto certa, anzi, si tratta di una possibilità remota, come ha recentemente provato il caso dell’allarme Ebola in Italia*.

[*nel 2014 si verificò, nei Paesi africani di Guinea, Liberia e Sierra Leone, una grave epidemia di una malattia molto grave e contagiosa, l’Ebola. L’Organizzazione Mondiale della Sanità lanciò subito l’allarme e vennero prese delle contromisure a livello mondiale, sia intensificando i controlli, specialmente negli aeroporti, sia mandando aiuti nei Paesi colpiti, per evitare che la malattia si diffondesse. In questo modo, si ottenne che l’epidemia rimanesse confinata nei Paesi dell’Africa subsahariana. I rarissimi casi verificatisi in Europa e Stati Uniti furono relativi a persone che si erano recate in quei luoghi per lavoro e che stavano tornando a casa. Nell’estate 2014, tramite i social network vennero diffuse numerose bufale che riguardavano l’arrivo di immigrati ammalati di Ebola in Europa. Tutte queste bufale vennero smentite. Un uomo di 44 anni, torinese, venne denunciato con l’accusa di procurato allarme, per aver inventato la bufala dell’arrivo a Lampedusa di tre immigrati ammalati di Ebola. Prima di essere cancellata, la falsa notizia venne condivisa da 27mila profili su Facebook. 
(fonte: la Repubblica.it, 6 agosto 2014 http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/08/06/news/ebola_tre_casi_a_lampedusa_denunciato_l_autore_della_bufala_su_facebook-93285461/)]


In sostanza, la fallacia della brutta china consiste nell’affermare che un certo avvenimento, o azione abbia delle conseguenze di un certo tipo, senza avere le prove che ciò accadrà veramente; nel creare correlazioni puramente ipotetiche tra due fatti, rifacendosi ad aneddoti, esperienze, sentimenti o opinioni personali. 
I sentimenti, specialmente quelli negativi come paura, odio o repulsione, giocano un ruolo molto importante nel nostro modo di percepire una notizia, di crederla vera o di dubitare di essa e possono inceppare con facilità i meccanismi dei nostri ragionamenti (vedi cap. 3).
Quando ad un certo argomento associamo un sentimento negativo, accettiamo con facilità i ragionamenti fallaci, per una questione di abitudine e di rinforzo di una opinione già formata in precedenza: le notizie che confermano o rinforzano tale opinione vengono accettate, mentre dubitiamo di quelle che le smentiscono, perché mettono in discussione i nostri stereotipi, e cambiare idea costa fatica.

2) “IPSE DIXIT” (l’argomento per autorità)


“La dieta vegana fa benissimo alla salute, lo ha detto il prof. Sempronio Cavolfiore, dell’Università della Pannocchia.”

“Il glutine è nocivo alla salute, l’ho letto sul blog del nutrizionista dott. Paolo Scalogno, che ha anche una pagina molto seria su Facebook.”

“L’uomo non è mai andato sulla Luna! Ormai si sa, ci hanno scritto sopra diversi libri, io ho letto quello di Zapotek Giurassich…”

“I vaccini fanno venire l’autismo, lo hanno ammesso anche molti medici, tra cui il dott. Rodolfo Dei Tali, che è stato ospite alla trasmissione I Volponi pomeridiani…”

Quante volte vi è capitato di sentire questo tipo di ragionamento? Si tratta di un ragionamento corretto? 
Purtroppo, nell’era di Internet, non c’è cosa più facile che spacciarsi per esperti su una certa materia anche se non lo si è affatto. Aprire un blog o un sito internet, inventarsi titoli accademici inesistenti, addirittura pubblicare libri su argomenti completamente inventati, è diventato alla portata di chiunque. Occorre perciò essere estremamente cauti nell’accettare le tesi presentate da sedicenti “esperti del settore”.
Ma come comportarsi nel caso in cui una persona citata in una discussione sia davvero un nome importante, una autentica “autorità in materia”?
L’argomento “per autorità” parte dal presupposto che l’opinione espressa da un “personaggio autorevole” sia sicuramente corretta. L’errore è quello di confondere l’autorità con l’autorevolezza.
Anticamente, si usava la locuzione latina “ipse dixit” (lui lo ha detto) quando si voleva enunciare una tesi indiscutibile, perché affermata da un personaggio ritenuto talmente autorevole da trovarsi al di sopra di ogni dubbio. 
Questo personaggio era Aristotele, un filosofo greco vissuto nel IV secolo a. C., le cui opere, riguardanti ogni campo delle scienze, furono considerate per secoli talmente perfette da non poter essere messe in discussione.
Questo argomento fu soppiantato, non senza resistenze, soprattutto da parte della Chiesa Cattolica, dal metodo scientifico, enunciato per la prima volta da Galileo Galilei nel XVII secolo.
Il metodo scientifico è l’esatto contrario dell’ipse dixit, perché consiste nel mettere alla prova un’ipotesi attraverso molti esperimenti. Ne basta uno solo di non riuscito per confutare l’ipotesi e costringere lo scienziato che l’aveva formulata a rifare tutto daccapo.
L’autorevolezza in un certo campo (soprattutto quello scientifico) si conquista con anni e anni di duro lavoro, di studio, di confronti; con l’umiltà di ammettere che, un giorno, le proprie ipotesi potrebbero essere superate da nuove scoperte, ma anche con la consapevolezza che, se ciò accadesse, si verrà comunque ricordati come qualcuno che ha fatto fare dei passi avanti alla conoscenza umana.

3) L’APPELLO AI SENTIMENTI e l’argomento “ad personam” (gli attacchi personali)


“Gli esperimenti sugli animali sono una mostruosità! Dovrebbero essere aboliti per legge!”

“Se sei contro la violenza sui bambini, clicca MI PIACE e condividi!”
(a simili affermazioni, spesso si accompagnano immagini terribili di animali torturati e sofferenti, o di bambini con il viso pieno di lividi)


“I politici odiano gli italiani e preferiscono gli extracomunitari!”

“I vaccini sono pericolosi! La chemioterapia è solo un veleno, non cura il cancro!!!”
Riuscite a riconoscere l’errore insito in ognuna di queste affermazioni? 
Tutte quante fanno appello ad un sentimento più o meno negativo: sdegno, paura, odio, raccapriccio… non c’è nessuna informazione o prova a loro sostegno, solo immagini (prese da dove? Riguardanti quale evento?) e slogan. L’invito a cliccare “mi piace” e “condividi” si chiama “clickbaiting” (esca da click): non è altro che un espediente per attirare il maggior numero di visitatori verso un sito o una pagina Facebook, in modo da generare rendite pubblicitarie on line.
In linea di principio, bisogna sempre diffidare di chi manipola un discorso per portarlo su un piano emotivo, perché in realtà si tratta di un sistema per aggirare il ragionamento o per evitarlo del tutto.
Un sistema simile è il cosiddetto “argomento ad personam” (o “ad hominem) che consiste nell’evitare l’argomento di discussione spostando l’attenzione sulla persona che ne parla, cercando di screditarla, fino ad arrivare all’insulto o alla calunnia.
Questo sistema purtroppo è sempre più usato, specialmente quando si parla di temi politici, con il risultato che spesso le discussioni si allontanano completamente dal tema iniziale e diventa impossibile seguire il filo del discorso.

4) L’ARGOMENTO DELL’UOMO DI PAGLIA (straw man argument)

L’argomento dell’uomo di paglia consiste nel sostituire il vero argomento da confutare con uno più debole, quindi più facile da contestare.
Si suppone che il nome di questo argomento fallace derivi da una vecchia pratica militare, che consisteva nell’esercitarsi all’uso delle armi utilizzando dei fantocci di paglia (straw men).

L’argomento “di paglia” può essere costruito in vari modi:
a) Estremizzando l’argomento iniziale
Esempio 1: 
Tizio: «Bisognerebbe diminuire le spese in campo militare ed aumentare gli investimenti nella ricerca scientifica.»
Caio: «Tizio vuole il nostro Paese disarmato e senza difese!»

Caio ha estremizzato l’argomento di Tizio, che parlava di ridurre le spese per gli armamenti, non di eliminarli.
Esempio 2:
Dott. Sempronio: «La dieta vegetariana, quando è controllata e bilanciata, favorisce la nostra salute, al contrario di una molto ricca di proteine animali.»
Caio: «Il dott. Sempronio ha detto che mangiare carne fa male!»

In questo caso, Caio ha fatto due errori di ragionamento: ha estremizzato il discorso del dott. Sempronio e, in più, ha “filtrato” le informazioni, trattenendo solo quelle di suo interesse ed escludendo le altre.

b) Sostituendo l’argomento iniziale con uno simile, ma in sostanza, diverso.
Esempio:
Tizio: «La dieta vegana è un tantino rischiosa perché priva l’organismo di alcuni importanti nutrienti.»
Caio: «È scorretto affermare questo! La dieta vegetariana, non solo non è rischiosa, ma è anche salutare!»

Caio ha confuso dieta “vegana” con “vegetariana”, due regimi alimentari diversi, che ad una lettura frettolosa possono sembrare la stessa cosa.

c) Semplificando eccessivamente l’argomento iniziale.
Esempio 1: 
Tizio: «I bambini sarebbero più al sicuro se potessero giocare in una zona protetta.»
Caio: «Non si possono tenere chiusi in casa i bambini tutto il giorno!»

Tizio non ha parlato di “chiudere in casa” i bambini, ma di farli giocare in una “zona protetta”. Caio ha semplificato eccessivamente: la “casa” è il primo luogo sicuro che viene in mente, ma non è detto che sia l’unico.

Esempio 2:
prof. Sempronio: «Les Demoiselles d’Avignon, di Pablo Picasso, è un’opera fondamentale per comprendere l’arte del Novecento.»
Caio: «Ma come? È un quadro così brutto!»

Caio ha ridotto l’argomento prendendo in esame solo una delle caratteristiche dell’opera. Ma l’importanza di un dipinto non si giudica solamente dalla sua “bellezza”.

d) Inventando una persona favorevole all’argomento iniziale, il cui comportamento e le cui idee vengono criticate.
Esempio 1:
Tizio: «La questione dei migranti è un problema complesso che deve essere discusso e risolto a livello europeo.»
Caio: «Quelli che sono favorevoli ai migranti sono solo dei buonisti, perché non li ospitano a casa loro?»

Caio sposta l’attenzione dal problema “migranti” ad un ipotetico gruppo di persone “favorevoli ai migranti”. Attribuisce loro un’etichetta (“buonisti”) senza spiegarne il significato, e chiude il discorso con una soluzione che in realtà non risolve nulla.

Esempio 2:
Tizio: «So che le mie proposte incontreranno degli ostacoli, del resto c’è sempre qualcuno a cui non piacciono i cambiamenti e che si ostina ad ostacolare il progresso.»

L’argomento dell’uomo di paglia ha il doppio scopo di ribattere all’interlocutore e contemporaneamente metterlo in cattiva luce. In questo caso, Tizio lo fa in maniera preventiva: dopo questa affermazione, infatti, chiunque gli muoverà delle critiche sarà immediatamente etichettato come un “oppositore del progresso”.

Non è un caso che la tecnica dell’uomo di paglia sia tanto usata nei social network e, in generale, nelle discussioni pubbliche, come ad esempio nei dibattiti politici, dove gli interlocutori “si battono”, non tanto per avere un confronto costruttivo, ma per convincere la platea che assiste allo “scontro”. Il vincitore risulta colui che ha portato il maggior numero di persone a pensarla come lui, chi ha “ottenuto più consensi”.



(Piccolo esercizio da svolgere in classe, oppure a casa con un tuo amico: quale argomento fallace ha utilizzato la signora Bruna per rispondere al commento del signor Massimo? ragionaci sopra e discutine con qualcuno.)

5) L’ANEDDOTO*


«Non credere a quello che dicono i medici! Mio nonno ha bevuto come una spugna e fumato come un turco per tutta la sua vita ed è ancora in gamba a 87 anni!»
Quando vogliamo dimostrare la validità di un ragionamento, ricorriamo spesso alla nostra esperienza personale. Ad esempio, sui social network si possono leggere di frequente discussioni come questa:

dott. Sempronio: «Il morbillo è una malattia pericolosa: le complicanze ad essa correlate si presentano nel 20-30% dei casi. Esse possono avere diversi gradi di gravità e portare anche alla morte.»
sig. Caio: «Io e mio fratello abbiamo avuto il morbillo da piccoli e non ci è successo niente!»
sig.ra Tizia: «Nella mia famiglia abbiamo tutti avuto il morbillo e nessuno ha avuto conseguenze di alcun genere!»

*Un aneddoto è un episodio di carattere storico ma marginale e poco noto o caratteristico, relativo ad un evento o ad un personaggio famoso. Nella retorica (cioè nell’arte di saper parlare, di persuadere con le parole) può essere utilizzato per cercare di suffragare la fondatezza di un principio, citando una circostanza; si tratta tuttavia di un espediente che, dal punto di vista della logica, è ingannevole in quanto propone di dimostrare una verità universale focalizzandosi su un caso particolare.
(fonte: Wikipedia)

Un ambito in cui questo tipo di ragionamento è molto utilizzato, è la pubblicità:


«All’inizio ero scettica, poi ho provato Magrin e sono dimagrita di ben 10 kg in due settimane!»

«Ho provato un sacco di prodotti, prima di questo… ma solo grazie a Cellu-zero ho detto addio alla cellulite!»

«Gli spinaci di “4 passi in saltella” sono buoni da impazzire! Mio figlio ne va matto!»

Questo genere di pubblicità è sempre stato molto utilizzato, perché… funziona!
Possiamo anche sforzarci di pensare che le persone che fanno questo tipo di affermazioni negli spot siano attori pagati appositamente per essere più convincenti possibile… ma ciò che dicono rimarrà comunque ben ancorato alla nostra memoria.
Il racconto di qualcuno che ci spiega un fatto che gli è successo personalmente ha su di noi molta presa, mentre una tabella o un grafico con una serie di numeri e di statistiche non ci fa altrettanto effetto. 
È per questo che, se ascoltiamo il racconto di una madre che ci dice:

«Mio figlio, dopo aver ingerito del monossido di diidrogeno si è ammalato di gonfiosi empatica addominale! Io l’ho detto ai dottori, ma loro non mi hanno dato retta!»

la nostra prima reazione è quella di provare pena e simpatia per questa donna, mentre verso i medici che non l’hanno aiutata, anzi, non l’hanno nemmeno ascoltata, proveremo rabbia, avversione, indignazione.
Si tratta di una reazione istintiva, molto normale e umana. Però, ciò che dovremmo fare subito dopo è una cosa che purtroppo fa pochissima gente: fermarci, respirare lentamente, contare fino a 10 e iniziare a farci una serie di domande:

1- LA FONTE
Chi è la persona che sta raccontando questo aneddoto? La conosciamo? 
Questa persona è affidabile? 
La sua storia è stata verificata da qualcuno? Oppure, sono presenti dei dati dai quali sia possibile farlo? (nomi delle persone coinvolte, luogo e data precisi…)
Il racconto è attendibile?

2- LA MALATTIA
Che tipo di malattia è la “gonfiosi empatica addominale”? quali sono i suoi sintomi? Quali sono le cause?
Sono sicuro di conoscerla già oppure ne ho solo sentito parlare?
Il figlio ha davvero quella malattia? 

3- LA CAUSA
Il figlio ha contratto la malattia perché ha ingerito il monossido di diidrogeno o solo dopo averlo ingerito?
Che cos’è il monossido di diidrogeno? Quali problemi può causare la sua assunzione?
Il monossido di diidrogeno può davvero causare la gonfiosi empatica?

4- IL COMPORTAMENTO DEI MEDICI
Chi erano questi medici? Conosciamo il loro nome? E la loro specializzazione? 
Quanti erano? Sono stati interpellati nella stessa occasione o in momenti diversi?
Conosciamo la loro versione dei fatti oppure abbiamo sentito solo la “campana” della madre?
Perché i medici non hanno dato retta alla donna? Le possibili spiegazioni potrebbero essere diverse:

La madre ha effettivamente incontrato dei medici poco disponibili che non hanno tenuto conto del suo stato d’animo.
La madre era troppo agitata e addolorata per via delle condizioni del figlio e non era in grado di ascoltare le ragioni dei medici.
La madre era prevenuta nei confronti dei medici, voleva imporre le proprie ragioni ed ha ignorato le loro spiegazioni.

5- IL CONTESTO
Perché la madre è convinta che il monossido di diidrogeno abbia causato la malattia del figlio?
Quali fonti ha utilizzato per informarsi? 
Perché la donna ha deciso di credere a tali fonti?

CONCLUSIONE: Ci sono troppe cose che non sappiamo riguardo a questa storia. Possiamo decidere di fare delle ricerche per capire se sia il caso di indignarsi veramente, oppure lasciare perdere, sospendendo il nostro giudizio in merito… nel frattempo è bene evitare di schierarsi dall’una o dall’altra parte.

Le domande elencate sono davvero tante! Sicuramente a nessuno vengono in testa immediatamente, ma solo dopo averci ragionato un po’ su. La mente ha bisogno di tempo per riordinare le idee in modo razionale, mentre le nostre reazioni emotive sono molto veloci, immediate.

Reagire “di pancia” è più semplice e meno faticoso, questo è uno dei motivi per cui le bufale si diffondono con tanta facilità. 

Ma, soprattutto… l’aneddoto raccontato, se veritiero, è applicabile a tutti? 
Quante sono le persone che assumendo del monossido di diidrogeno hanno la probabilità di ammalarsi di gonfiosi empatica? Esistono delle statistiche in merito? Dove è opportuno cercarle? Abbiamo una cultura in campo medico e scientifico tale da riuscire a distinguere una fonte affidabile?

(Ora, prova a rileggere tutto, sostituendo “gonfiosi empatica addominale” con “autismo” e “monossido di diidrogeno” con “vaccino”)

RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano Maicolengel (Michelangelo Coltelli) e tutto lo staff di “Bufale un tanto al chilo” per la fattiva collaborazione, Paolo Attivissimo e Wikipedia per il materiale attinto e per l’ispirazione.
Un ringraziamento speciale a Susanna Raule per la revisione e i suggerimenti.

sabato 8 aprile 2017

Michelangelo, Volta della Cappella Sistina

Questo video nasce da una mia necessità e anche da una mia difficoltà come insegnante.
Lo scorso anno, in un momento di esagerato ottimismo, decisi di affrontare l'argomento del Rinascimento a partire da un documentario di Alberto Angela, LA CAPPELLA SISTINA E I SUOI SEGRETI, stagione 2013/14.
Si tratta di un video lungo per dei ragazzi di seconda media, ma ero convinta che, spezzandolo in varie parti (quattro parti di mezz'ora circa) e fermandolo spesso per chiarire loro dei punti e rispondere alle loro domande, la cosa avrebbe funzionato.
Mi aspettavo più attenzione rispetto ad una normale lezione frontale, più entusiasmo, una maggiore memorizzazione dei contenuti visivi.
Il risultato fu invece sconfortante. Dopo un mese, la verifica andò malissimo, dovetti fargliela rifare. Il secondo tentativo andò solo leggermente meglio rispetto al primo. Questo non in una, ma in tre classi di seconda media, si parla quindi di circa 60 ragazzi.

Cos'era successo? 
Quando un sistema didattico sul quale puntavi e nel quale riponevi tanta fiducia fallisce, l'unica cosa sensata da fare è raccogliere i cocci del tuo orgoglio e analizzare quanto è successo, in modo da non ricadere nello stesso errore.
Negli ultimi mesi mi sono resa conto che le lezioni in video non aiutano affatto i ragazzi, anzi, li mettono in crisi. Saranno anche dei nativi digitali, abituati alle immagini in movimento, ma avete mai sbirciato i video su Youtube per cui vanno matti?
Sono molto semplici, brevi e banali, e loro li riguardano in continuazione. 
L'amore per la reiterazione è tipica della stagione dell'infanzia. I bambini amano riascoltare all'infinito le stesse fiabe o riguardare gli stessi cartoni animati anche quando sono in grado di ripetere ogni battuta a memoria. Non è strano. Io e i miei fratelli lo facevamo con le fiabe sui dischi a 45 giri, e ancora ridiamo insieme quando ricordiamo Biancaneve che era rotto e saltava al conteggio dei nani: "Uno, due, tre, quat-tre, quat-tre, quat-tre...."

Insomma, una trasmissione di Alberto Angela, pur se di eccellente qualità (adoro Alberto Angela, sia chiaro, e i suoi documentari sono magnifici, splendidi, perfetti) è troppo complessa per un ragazzino di 12 anni. 
Troppo lunga (anche se spezzettata in parti di mezz'ora), troppo ricca (immagini complesse e linguaggio complesso, nonostante la chiarezza con cui vengono esposti gli argomenti), troppo densa (nonostante il ritmo sia cadenzato e studiato da professionisti ai quali non sarei degna di lustrare le scarpe).
Aggiungiamo che: a questa età non sanno prendere appunti, che si distraggono per ogni minima stupidaggine, che hanno un vocabolario davvero limitatissimo e questo complica ulteriormente le cose.
Un mio allievo, dopo aver riguardato il documentario anche a casa con i genitori, mi confidò candidamente che era riuscito a capire molte più cose perché a scuola guardava quello che facevano i compagni, anziché il video...
Così, per affrontare il complesso argomento del Rinascimento, quest'anno ho creato un video ad hoc.
Dura 10 minuti e riguarda una sola opera di Michelangelo, la Volta della Cappella Sistina. 
Lo userò per "rompere il ghiaccio", mentre il resto delle lezioni saranno un mix tra lezioni tradizionali, schemi, mappe concettuali.
In questi anni, infatti, ho imparato una cosa sola: se voglio che la maggioranza della classe mi segua, devo porgere i contenuti nel maggior numero di maniere possibili, perché quello che accende l'interesse ad un mio alunno, può lasciare l'altro completamente indifferente.
Nativi digitali o no, il cervello di molti apprende meglio con i sistemi tradizionali, leggendo in classe, ripetendo a casa, copiando gli appunti alla lavagna. Altri no. 
Ma in fin dei conti è sempre stato così... non siamo tutti uguali, siamo uno, due, tre, quat-tre... quat-tre... quat-tre...



domenica 12 marzo 2017

Art Nouveau - Gustave Klimt

Art Nouveau in Francia, Jugendstil in Germania, Modern Style in Inghilterra, Sezessionstil in Austria, Modernismo in Spagna, Liberty in Italia: sono solo alcuni dei termini che indicano lo stile internazionale che si sviluppò tra il 1890 e il 1914, un periodo che venne chiamato «Belle Époque».
Questi nomi suggeriscono i concetti di novità, giovinezza, modernità, stacco dal passato, libertà. Altri nomi furono "stile tentacolare", "stile tenia", "stile Belle Époque".
Il primo paese in cui si sviluppò fu l'Inghilterra (metà dell'Ottocento), quello in cui durò più a lungo la Spagna (anni '30 del Novecento, fino alla morte di Gaudì).

Alle origini di questo stile, che potremmo definire anche “moda”, è il fitto dibattito che si sviluppò in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento sulla produzione industriale, sul prodotto in serie e sull’estraneità dell’uomo dal proprio lavoro.
La produzione in serie, infatti, aveva consentito un’ampia diffusione di nuovi prodotti, ma aveva, al tempo stesso, determinato un abbassamento della loro qualità.

Il primo a dedicarsi alla rivalutazione e allo sviluppo delle arti minori* fu l’inglese William Morris, che, dedicandosi alla progettazione di oggetti di uso comune, nella seconda metà dell’Ottocento “inventò” il design.
L’esigenza era quella di ridare dignità sia all’attività artigianale sia all’oggetto prodotto in serie.
Bellezza e Utilità non dovevano essere separate.

William Morris, disegno per tessuto, 1884


Gli artisti pensavano che grazie alla produzione in serie, oggetti belli e utili dovessero diventare alla portata di tutti, non solo dei più ricchi.

Emile Gallé, lampada “Corolla”, vetro soffiato e bronzo
 (1900 c.)
Era però necessario abbandonare i vecchi modelli degli oggetti di artigianato e trovarne di nuovi.
La nuova fonte di ispirazione del nuovo stile divennero il mondo animale e quello vegetale.

I modelli tratti dal mondo naturale diventano una delle principali caratteristiche del nuovo stile che comprende le più diverse produzioni: carte da parati, tessuti per arredamento, gioielli, abiti femminili, servizi da tavola, lampade, arredi, soprammobili, grafica, manifesti pubblicitari, vetrate, etc.



L’Art Nouveau nasce come stile ornamentale con delle caratteristiche comuni in tutte le nazioni in cui si diffonde: oltre ai temi naturalistici, con una tendenza all’astrazione e alla stilizzazione, il più evidente è l’uso della linea sinuosa, tentacolare, che attribuisce alle forme un senso di movimento.
Gli oggetti sono concepiti come esseri viventi, in crescita.



Antoni Gaudì, interno di casa Battlò (1904/07)
LINK: Wikipedia, casa Battlò

L’architettura di interni ed esterni hanno pari importanza nella progettazione dell’Art Nouveau: la decorazione d’ambienti va di pari passo con le grandi costruzioni. Gli architetti affermarono il principio dell’unità tra le Arti “Maggiori” (pittura, scultura, architettura) e Arti “Minori” (artigianato).

Oltre che agli elementi naturali, l’Art Nouveau si ispirò all’arte gotica e a quella giapponese.

L’arte giapponese aveva alcune caratteristiche importanti per gli esponenti dell’Art Nouveau: l’asimmetria e l’importanza attribuita alla linea.









Utagawa Hiroshige (1797 - 1858),
Ponte del parco di Kameido della serie
«Cento famose vedute di Edo»

Lo stile Art Nouveau si diffonde praticamente in tutta Europa, dall’Inghilterra alla Russia e persino negli Stati Uniti, esprimendo le aspirazioni della società borghese della Belle Époque, caratterizzata da benessere e fiducia nel progresso, ma al tempo stesso manifestando l’atmosfera decadente e inquieta dell’Europa di fine secolo.

Il fallimento dell’Art Nouveau

Allo scoppio della I Guerra Mondiale si considera conclusa la stagione dell’Art Nouveau, anche se nei diversi paesi essa si esaurisce con modi e tempi diversi.
L’idea di diffondere la Bellezza a tutti senza distinzioni sociali si era rivelata utopica (irrealizzabile), data la difficoltà di esecuzione dei prodotti più qualificati.
Al vasto pubblico era stata riservata una produzione ripetitiva e involgarita che avrebbe generato il rifiuto delle forme del Liberty per lungo tempo.

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*arti minori, o arti applicate, sono dette l'oreficeria, l'ebanisteria, la tessitura ecc., ovvero tutte le attività artigianali.



GUSTAVE KLIMT

Gustave Klimt, Albero della vita (fregio per Palazzo Stoclet) 1905/09

Gustave Klimt fu il grande interprete della Secessione viennese, il movimento artistico fondato nel 1897 che voleva abbandonare la pittura ufficiale, legata al passato, per creare un’arte nuova.

Giuditta I, 1903
Fu un artista molto colto, capace di utilizzare, nelle sue opere, motivi decorativi di epoche e culture diverse: dalla pittura vascolare greca alle stampe giapponesi, dai reperti egizi alla scultura africana.

Inoltre, Klimt sperimentò varie tecniche, tra le quali il mosaico. Nel 1903, decise di visitare Ravenna, dove potè ammirare i meravigliosi mosaici bizantini dai quali prese ispirazione. Spesso, infatti, le figure di Klimt sono simboliche e caratterizzate dall’uso del colore oro.

Fondamentali, nella sua opera sono le figure femminili, poiché per l’artista viennese esse sono il simbolo di un universo misterioso, di una forza segreta e di un’energia primordiale.
Nessuno più di Klimt ha saputo rendere in pittura l’eleganza delle donne viennesi di inizio secolo.

La figura femminile ben si adatta alle forme sinuose dell’Art Nouveau, infatti è una delle più usate, sia nelle arti decorative sia in pittura e scultura.


Essa si carica di significati simbolici, spesso negativi: è la “donna fatale”, perversa e tentatrice, che può portare alla perdizione e alla morte.


VITA E OPERE

Gustav Klimt nacque il 14 luglio 1862 a Vienna: il padre Ernst Klimt, nativo della Boemia, era un orafo, mentre la madre, Anna, era una donna colta ed esperta di musica lirica.

Nella famiglia Klimt l'arte era molto importante: due fratelli minori di Gustav, Ernst e Georg, furono anch'essi pittori.
Nel 1876, il quattordicenne Gustav venne ammesso a frequentare la scuola d'arte e mestieri, dove studiò arte applicata, imparando a padroneggiare diverse tecniche artistiche, nel rispetto dei canoni accademici e della storia dell'arte del passato.

In poco tempo, grazie alla sua bravura, ottenne molte commissioni per ritratti e decorazioni di palazzi che gli garantirono successo e tranquillità economica.
Nel 1888 Klimt ricevette un riconoscimento ufficiale dall'imperatore Francesco Giuseppe, e le università di Monaco e Vienna lo nominarono membro onorario.

Ma nel 1892, a pochi mesi dalla morte del padre, anche il fratello Ernst, che lavorava con lui, morì improvvisamente: a questi lutti, che lasciarono un segno profondo anche nella sua produzione artistica, seguirono ben sei anni d'inattività.

Nello stesso periodo avvenne l'incontro con Emilie Flöge che, pur essendo a conoscenza delle relazioni che il pittore intratteneva con altre donne, gli sarà compagna fino alla morte.


Il Secessionismo viennese

Sempre più in contrasto con i rigidi canoni accademici, nel 1897 Klimt fondò insieme ad altri artisti la Wiener Sezession (secessione viennese), attuando anche il progetto di un periodico-manifesto del gruppo, Ver Sacrum (Primavera sacra), che verrà pubblicato fino al 1903.
Athena, 1898


Gli artisti della Secessione aspiravano, oltre a portare l'arte al di fuori dei confini della tradizione accademica, anche a una rinascita delle arti e dei mestieri.
Il simbolo del Secessionismo era Pallade Atena, dea greca della saggezza, che Klimt raffigurerà nel 1898 in uno dei suoi capolavori.
Nel 1894 l'università di Vienna commissionò all'artista la decorazione del soffitto dell'aula magna sul tema del trionfo della Luce sulle Tenebre, da sviluppare su tre facoltà: Filosofia, Medicina e Giurisprudenza.

I lavori furono rimandati per anni e, quando i pannelli vennero presentati, vennero rifiutati e aspramente criticati dai committenti, che avevano immaginato una sobria (moderata, semplice) rappresentazione del progresso della cultura; in realtà, Klimt aveva affrontato tematiche tabù (proibite) come la malattia, la vecchiaia e la povertà, in tutto il loro orrore.

Il periodo aureo

Nel 1903 Klimt si recò due volte a Ravenna, dove conobbe lo sfarzo dei mosaici bizantini: l'oro musivo (dei mosaici), gli suggerì un nuovo modo di trasfigurare la realtà.

Fu così che nacquero alcuni dei capolavori klimtiani più celebri: Giuditta I (1901), il Ritratto di Adele Bloch-Bauer I (1907) e Il bacio (1907-08) sono tutte opere dove Klimt si presenta convertito all'oro di Bisanzio.


LINK: trailer del film "Woman in gold", 2015

È l’uso dell'oro che contraddistingue le tele del cosiddetto «periodo aureo» o «dorato» di Klimt.

Altre caratteristiche delle opere del periodo aureo sono la spiccata bidimensionalità, che dà maggiore risalto alle  linee, l'impiego di simboli (come l’occhio di Horo, di derivazione egizia, presente sull’abito di Adele) e la prevalenza di figure femminili, ricolme di un armonioso erotismo.

Gustave Klimt: Albero della Vita, Le tre età dalla donna, Danae (particolari)

Al periodo aureo appartengono numerose opere dell'artista viennese:  degne di nota sono Le Tre Età della Donna (1905), la Danae (1907-1908) e L'Albero della Vita (1905-1909).
Il periodo aureo si chiuse nel 1909 con l'esecuzione di Giuditta II, seconda raffigurazione dell'eroina ebrea che liberò la propria città dalla dominazione assira.
L'opera, caratterizzata da cromie (colorazioni) più scure e forti, darà infatti avvio al cosiddetto «periodo maturo» dell'artista.

Il periodo maturo e la morte

Dopo la stesura di Giuditta II, nel 1909, Klimt ebbe un periodo di crisi esistenziale e artistica.
Il mito della Belle Époque era ormai giunto al tramonto, così come i fasti dell'Impero austro-ungarico, che collasserà definitivamente con lo scoppio della prima guerra mondiale.

Klimt iniziò a mettere in discussione la propria arte, soprattutto quando venne a contatto con la produzione di artisti come Van Gogh, Matisse, Toulouse-Lautrec.

Dal punto di vista stilistico, il «periodo maturo»  è caratterizzato dall’influenza di questi artisti e dall'abbandono del fulgore dell'oro e delle eleganti linee art nouveau.
Determinante fu anche l'incontro con la pittura espressionista, che a Vienna trovò due grandi interpreti: Egon Schiele e Oskar Kokoschka, già suoi allievi.
Notevole fu anche l’influsso esercitato dall'Impressionismo, che emerge nei diversi paesaggi che Klimt dipinse in questo periodo, che ricordano molto lo stile di Claude Monet.

Ritratto di signora, 1916/17


Lo scopo di Klimt in questo periodo era quello di ricercare una modalità espressiva più spontanea: per questo scelse di adottare una tavolozza più colorata, rinunciando all'uso dell'oro e minimizzando le linee.
Nonostante i profondi mutamenti di questi anni, l'artista viennese fu espositore alla Biennale di Venezia nel 1910, vincendo pure nel 1911 il primo premio dell'Esposizione Internazionale di Arte di Roma con Le Tre Età della Donna.

L'attività di Klimt si interruppe l'11 gennaio 1918 quando, di ritorno da un viaggio in Romania, fu colto da un ictus che lo condusse alla morte il 6 febbraio dello stesso anno.